OMBRE ELETTRICHE - CENTO ANNI DI CINEMA CINESE 1905-2005

Ombre Elettriche, cento anni di cinema cinese, a cura di Marco Müller ed Elena Pollacchi

Autori: Marco Müller, Elena Pollacchi (a cura di)



Casa editrice:
Mondadori Electa, Milano, 2005



Collana:
La Biennale di Venezia



Pagine:
311



Formato:
17x24



Prezzo:
34€



Lingua:
Italiano

Indice:

Introduzione, di Marco Müller


Prima parte: 1905-1949

- La Seconda Generazione: scelte coraggiose in un'epoca di sconvolgimenti, di Yang Yuanying

- Le ambiguità politiche del cinema di sinistra (1932-1937), di Xiao Zhiwei

- Xia Yan: "Non dimenticare il passato, trarne insegnamento per il futuro", di Peggy Kames

- La lotta per la donna moderna tra cinema sentimentale e cinema realista nella Shanghai degli anni Trenta, di Zhang Zhen

- Sun Mongjin e il primo cinema documentario cinese, di Zhu Ying e Zhang Tongdao

- Storia fotografica del cinema cinese (1905-1959)


Seconda parte: 1949-2005

- "Piangi piangi, ridi ridi": i piaceri segreti del pubblico cinematografico della Rivoluzione Culturale, di Paul Clark

- Xie Jin: politica d'autore prima del Nuovo Cinema (1957-1980), di Marco Muller

- Stretti dal tempo: i registi della Quarta generazione, di Yang Yuanying

- Donna e nazione: la diva nel cinema cinese, di Chris Berry

- La nascita del cinema indipendente: la sesta generazione, di Ning Dai

- Dal grande al piccolo schermo: il cinema documentario cinese contemporaneo, di Paola Voci

- Il cinema digitale: le prime immagini libere di Cui Zi'en

- Storia fotografica del cinema cinese (1960-2005)

- Il cinema di carta: il manifesto cinematografico in Cina, di Federico Greselin

- Storia del cinema cinese attraverso i manifesti


Documenti

- Il cinema cinese, questo sconosciuto, di Ugo Casiraghi


Apparati

- Cronologia

- Gli autori


Una retrospettiva dedicata ad un lasso di tempo così lungo (cento anni, come recita appunto il titolo del volume in esame), così come un libro che ne accompagna ed impreziosisce il lavoro, non può e non deve aver certo pretese filologiche e di completismo. Quando Marco Müller ed i suoi collaboratori hanno programmato l'omaggio alla "Storia segreta al cinema cinese", in occasione della 62. Mostra Internazionale d'Arte Cinematografica di Venezia devono essersi preoccupati di come tratteggiare un universo intero con i pochi tratti a loro disposizione. Eccoli allora lavorare prima di macete, poi di scalpello, per selezionare periodi, correnti, generi, registi e figure influenti di una cinematografia enorme come la nazione che rappresenta. Questo inevitabile lavoro di selezione e di sottrazione si riflette nel volume "Ombre Elettriche - Cento Anni di Cinema Cinese 1995-2005": poco più di trecento pagine a disposizione degli autori per incuriosire ed interessare i meno avvezzi alla cinematografia cinese, ma contemporaneamente approfondire alcuni temi e di conseguenza accontentare chi la settima arte del colosso asiatico la mastica da qualche tempo. Trecento pagine in cui infilare sei generazioni di registi, le avanguardie, i rapporti tra cinema-censura-regime-rivoluzione culturale-e chi più ne ha più ne metta, trecento pagine che siano anche belle a vedersi, dotate quindi di un apparato iconografico in linea con i contenuti e lo stile, pomposo e curato allo stesso tempo, del Festival di Venezia.
Müller e la Pollacchi dividono allora questi cento anni di cinema in due lunghi periodi, inevitabilmente pre e post fondazione della Repubblica Popolare Cinese, e assoldano docenti, critici, storici, studiosi di mezzo mondo (Italia, Cina e Stati Uniti in primis), affidando loro saggi che hanno un taglio a metà tra quello storico, di costume e sociale. Scritti capaci ora di infilare una generazione intera di registi in dieci pagine, ora in grado di analizzare le nuove correnti (documentaristiche e indipendenti prima di tutto) e, perchè no, compiere un'attenta analisi del rapporto tra pubblico e rivoluzione culturale.
I curatori riescono a trovare, in tutto questo, lo spazio per tre lunghi capitoli dedicati solo ed esclusivamente alle immagini: i primi due raccontano, per cenni, per volti, per scatti rubati sul set, la storia dei lunghi periodi cinematografici sopra indicati, il terzo ripercorre l'evoluzione della settima arte in Cina attraverso i suoi manifesti, divenuti famosi molto spesso più per il loro valore propagandistico che per il film che promuovono.
Come tutti i cataloghi veneziani copertina semirigida, carta patinata, apparato iconografico che alterna al colore il bianco e nero e, unico piccolissimo neo, qualche errore di battitura che infastidirà solo il perfezionista.

Michelangelo Pasini