GUY MADDIN

Guy Maddin, Bergamo Film Meeting 2004, a cura di Pier Maria Bocchi e Bruno Fornara



Autori: Pier Maria Bocchi, Bruno Fornara (a cura di)



Casa editrice:
Edizioni di Cineforum, Bergamo, 2003



Collana:
Monografie Bergamo Film Meeting



Pagine:
79



Formato:
16x23



Prezzo:
15€ (Esaurito)



Lingua:
Italiano


Indice:

Silenzio in sala. L'inutilità della parola e l'equilibrio temporale dello sguardo, di Pier Maria Bocchi

C'era una volta? Vecchie favole postmoderne, di Bruno Fornara


Guy Maddin nudo e crudo. Intervista, a cura di Pier Maria Bocchi

Piaceri colpevoli, di Guy Maddin


Trapianto, consunzione e morte. La malattia, la consunzione e la deperibilità nel cinema di Guy Maddin, di Roberto Curti


Wake up, Canada! Sogni, amnesia, propaganda... or how to get lost into Maddinesque, di Paolo Bertolin


La mise en scène et le Grand Guignol Mètaphisyque. Erich von Stroheim, Guy Maddin: apologia di due maghi erranti e del loro cinema “impossibile”, di Andrea Bruni


Note biografiche


Filmografia


Il Bergamo Film Meeting ha saputo spiccare nel panorama dei festival italiani grazie a focus dedicati a cineasti contemporanei altrimenti tacciati di marginalità, come Jan Švankmajer (edizione del '97), i fratelli Quay ('99), Béla Tarr ('02) e Roy Andersson ('03). Tutti cineasti poco o per nulla studiati e distribuiti, soprattutto nel nostro paese, e che il BFM ha permesso di (ri)scoprire degni di ben altra considerazione critica. I cataloghi di queste retrospettive, vere e proprie monografie, hanno spesso rappresentato dei casi pressochè unici, e non solo a livello nazionale, di letteratura critica su tali cineasti.
E' questo anche il caso del canadese Guy Maddin, 'il più grande regista di film muti in bianco e nero del XXI secolo' (Ny Times), dall'opera prolifica (una trentina di film in vent'anni) e inimitabile per stile e temi, che ha saputo imporsi come uno dei cineasti più radicali e inventivi dei nostri tempi. La sua opera consta infatti di un connubio filmico inedito e personalissimo, che fonde iconografie e tòpoi del cinema muto a forsennati digitalismi, melodrammi improbabili ad un senso del grottesco fieramente surrealista, barocchismi diy ad un inesausto vitalismo tecnico à la Gance.
I saggi, tutti impeccabili, dissezionano le ossessioni principe dell'opera maddiniana, dalla diffidenza nel potere della parola (e del cinema sonoro tutto) sino ai leitmotifs della memoria e della malattia. Il vero cuore della sottile ma densissima monografia è però costituito da un'esemplare intervista a Maddin e da alcuni suoi articoli, insieme spassosi e acuti (su tutti il suggestivo brano su Lon Chaney e la caustica stroncatura di Tom Cruise in Minority Report) apparsi sulle pagine di Village Voice, Film Comment e Cinema Scope.
Lodevole operazione, quindi, consigliata a chiunque sia incuriosito dalla sgangherata filmografia di Maddin, peraltro doviziosamente illustrata in chiusura del volume, con sinossi e stralci di recensioni.
Un gran numero di rare illustrazioni e un prezzo tutto sommato adeguato all'eccezionalità del testo rendono il libro ancora più apprezzabile e meritevole di ristampa (poiché già fuori catalogo).
Il solo, inevitabile rammarico è l'esclusione da questa monografia, risalente al 2004, delle due opere con cui più di tutte Maddin ha saputo superarsi, il memoir My Winnipeg (2007) e il capolavoro Brand Upon the Brain! (2006), che aspettano ancora un approfondimento critico adeguato alla loro grandezza.


Dario Stefanoni