STORIA DEL CINEMA GIAPPONESE
![]() Autori: Max Tessier | Indice: Prefazione alla nuova edizione Introduzione I - 1986-1910. Dalle origini all'arte del muto II - 1920-1935. L'età d'oro del muto III - 1936-1945. Il periodo "nazionale" e militarista IV - 1945-1950. La rinascita del dopoguerra V - 1950-1959. La seconda età d'oro del cinema giapponese IV - 1960-1973. Le "nouvelles vagues" e il declino delle major VII. 1973-1980. Fine delle sperimentazioni e nuovi indipendenti VIII - 1980-1997. La crisi artistica IX - Gli anni 2000 Appendici Bibliografia Indice dei nomi | Con buona approssimazione si può affermare che il cinema giapponese in occidente è rimasto un’entità sconosciuta fino al 1951, anno in cui Rashomon di Akira Kurosawa si aggiudica il Leone d’Oro al Festival di Venezia. E’ solo da quel momento, grazie anche a tanti altri premi attribuiti successivamente a registi nipponici, che il cinema del Sol Levante ha fatto capolino in Europa. Ma a oltre cinquant’anni di distanza da quella data storica, e nonostante molti registi giapponesi contemporanei siano salutati anche qui in occidente come maestri (vedi su tutti Kitano Takeshi e Miyazaki Hayao), il cinefilo medio ha una conoscenza davvero centellinata del cinema nipponico che fu. E’ proprio sfruttando questa diffusa ignoranza, o sarebbe meglio dire poca conoscenza, dello spettatore medio, che Max Tessier scrive nel 1997 Le cinéma japonais, per poi riprenderlo in mano, aggiornarlo e rivederlo nel 2005, dando vita a questa seconda edizione. L’autore infatti appronta un testo base, ordinato cronologicamente e scandito dalle tappe fondamentali del cinema del Sol Levante, a partire dalle origini, dal periodo d’oro del muto e della ‘dittatura’ dei benshi, per dedicare poi una parte più corposa del volume al ventennio dal 1950 al 1970, con l’affermazione in occidente e lo sdoganamento di registi storici come Suzuki, Oshima e Naruse, da sempre attivi in giappone, ma poco visibili nei nostri cinema. Contrariamente a quanto avvenga in gran parte delle “storie del cinema”, Max Tessier prosegue la sua analisi fino ai giorni nostri, scrivendo prima della profonda crisi che ha travolto in cinema giapponese negli anni ’80 e poi della rinascita nel 2000, legata ai fantasmi di Nakata Hideo e Kurosawa Kiyoshi. L’approccio alla materia è programmaticamente semplice e non troppo approfondito: fin dalla prefazione, infatti, l’autore sottolinea come il destinatario del testo sia un cinefilo poco avvezzo a certe pellicole, magari annoiato dalla piattezza del panorama cinematografico attuale e forse incuriosito da un cinema capace di rinnovarsi ciclicamente e arrivare a noi nonostante la distanza, sia fisica che ideologica. Max Tessier gli propone quindi il primo, primissimo, gradino della gradinata che lo porterà all’approfondimento in materia di cinema nipponico; un percorso che però non può non iniziare con un avvicinamento così leggero e poco impegnativo. Prezzo un po' troppo alto se paragonato al numero di pagine, alla confezione (sufficiente ma non esagerata) e alla probabile diffusione (il taglio per neofiti non limita la fruizione a nessuno). Michelangelo Pasini |