TARKOVSKIJ - LA NOSTALGIA DELL'ARMONIA
Autore: Francesca Pirani Casa Editrice: Le Mani Microart's, Genova, 2009 Collana: Extralights Pagine: 141 Formato: 23,5 x 28,5 Prezzo: € 12 Lingua: Italiano | Indice: Introduzione: la propria solitudine Andrej Rublev - L'eredità difficile - La storia - La storia | Nonostante Andrej Tarkovskij sia riconosciuto da tutte le storiografie di cinema quale uno dei più grandi cineasti della modernità, si parla sempre meno della sua opera, inspiegabilmente ridimensionata dal recente oblio critico e oscurata da un pregiudizio che vuole il regista russo autore di film insopportabilmente lenti e affettati, in netto anacronismo con i nostri tempi vitalistici e accelerati, dominati dal bulimico consumo d’immagini di videoclip e pubblicità. Si tratta certamente di un cinema dai tempi dilatati, marcato da un approccio contemplativo, filosofico, ma che resta a tutt’oggi evocativo e seminale, considerata anche l’influenza e la vicinanza stilistica che Tarkovskij conserva nei riguardi di molti dei cineasti più talentuosi della nostra epoca, da Aleksandr Sokurov a Bèla Tarr, da Carlos Reygadas a Tsai Ming-Liang, senza dimenticare l’omaggio tributatogli di recente da Von Trier con il suo ultimo Antichrist. Un’opera di soli sette lungometraggi in più di vent’anni di attività: pochi, pochissimi, per una voce artistica forte e innovativa, contraddistinta da un’impressionante cura per la composizione visiva, quasi pittorica, e un simbolismo magmatico e misterioso, che poco si presta a molesti sovrainterpretazionismi. Tra questi film, Francesca Pirani, regista e sceneggiatrice diplomatasi al Centro Sperimentale di Cinematografia, sceglie di concentrarsi su tre dei più celebri, Andrej Rubliov (1966), Stalker (1979) e Sacrificio (1986), designandoli come vertici di un’ideale trilogia poetica e filosofica. Tutti i tre film in questione vengono infatti analizzati dettagliatamente nelle scene-chiave e letti come allegorie oniriche capaci di far riaffiorare quella realtà dai contorni vaghi propria dei primi mesi di vita, in un sottile intreccio tra linguaggio della realtà e linguaggio del sogno, “occhio rivolto l’esterno” l’uno e “occhio rivolto verso l’interno” l’altro. Su questa tesi, indubbiamente suggestiva, si adagia questa sintetica riflessione critica che con “nostalgia dell’armonia” identifica proprio lo struggente rimpianto per la percezione pura e armoniosa dello stato neonatale, dove si è capaci di godere delle forme della natura senza le sovrastrutture psicologiche e percettive dell’irregimentazione adulta e dell’addomesticamento culturale. Grazie a questo saggio, nonostante sia appesantito da un sottotesto psicanalitico a tratti forzato e da argomentazioni leggermente ridondanti, i pregiudizi su Tarkovskij di cui in apertura risultano così pienamente e ironicamente ribaltati: mai ci fu cinema più ipnotico e coinvolgente del suo, rivolto quasi spiritualmente ai sensi più che al cervello, capace di esprimere con le sole immagini la supremazia della sensibilità sul pensiero razionale. Michelangelo Pasini |