IL FIGLIO PIU' PICCOLO

Il Figlio piu piccolo, Pupi Avati


Autore: Pupi Avati


Casa editrice:
Garzanti, Milano, 2010


Collana:
-


Pagine:
191


Formato:
13x20


Prezzo:
14 €


Lingua:
Italiano

Indice:



Il libro di Pupi Avati (che nella trasposizione filmica diventerà la terza parte di una trilogia iniziata con La cena per farli conoscere e continuata con Il papà di Giovanna, incentrata sulla figura della paternità) ha come forza motrice il protagonista, Luciano Baietti. Definito nel risvolto del volume un faccendiere della commedia dell’arte italiana, il personaggio è di quelli che tutti hanno invidiato almeno una volta nella vita. Perennemente in bilico, doppiogiochista, esagerato con le donne, negli affari e nelle amicizie, sempre sull’orlo del precipizio, sempre ad un passo dal baratro, ma costantemente salvato da fortuna, ingegno, amicizie e destino. E’ il personaggio dalla vita che non dorme mai, con l’adrenalina che ogni impiegato sogna mentre è seduto alla sua scrivania, postazione di lavoro più solida e rilassante rispetto a quella di Luciano Baietti, ma sicuramente molto meno affascinante. Ambientato nella Bologna dei primi anni novanta Il figlio più piccolo è, come il regista-scrittore ci ha da sempre abituato, tanto la fotografia di un particolare, la descrizione di un manipolo di personaggi privi di scrupoli ma allo stesso tempo bonaccioni e divertenti, quanto un vero e proprio spaccato di storia dell’Italia, uno spicchio del nostro mondo che non possiamo rischiare di perdere e di cui sarebbe meglio fermarci a subirne la bizzarra fascinazione.
Il figlio più piccolo è il classico libro da due notti insonni: il regalo che abbiamo impilato sotto gli altri perchè lo scrittore non suonava anglofono; un bel giorno, o sarebbe meglio dire notte, accendiamo la televisione per provare a prendere sonno, e quando il trailer del film ci martella, ci ricordiamo di quello strano libro con una chitarra elettrica e scarpe da ginnastica in copertina, lo prendiamo in mano, e allora sì che il sonno passa sul serio. Dialoghi e situazioni serrate, scrittura scorrevole, poco spazio alle descrizioni, il narrare di Avati scorre, come dice Kezich, come “un rubinetto aperto”. Probabilmente la mattina arriverà troppo presto, sarà necessaria un’altra notte insonne per finire il volume. E buttarsi poi, e solo poi, sul film.

Michelangelo Pasini