MICHAEL MANN
Autori: Alessandro Borri | Indice: Cap. I - Piccolo, grande schermo: Jericho Mile Cap. II - Soggettiva criminale: Strade violente Cap. III - Sul perturbante: La fortezza Cap. IV - Blow-up di un omicidio: Manhunter Cap. V - La reinvenzione del serial: Miami Vice e Crime Story Cap. VI - Le sorgenti del mito: L'Ultimo dei Mohicani Cap. VII - Il thriller wagneriano: Heat Cap. VIII - Lo splendore del vero: Insider Filmografia Elenco dei film citati nel testo Bibliografia essenziale | Nel 2000 Alessandro Borri scrive il primo volume pubblicato in Italia su Michael Mann, quasi vent'anni dopo il debutto cinematografico del regista. Un lasso di tempo enorme senza che nessuno si interessasse in modo approfondito del cineasta che oggi in molti non esitano a considerare l'ultimo dei classicisti hollywoodiani. L'introduzione dell'autore è illuminante per quanti non abbiano mai riconosciuto nelle opere di Mann il loro effettivo valore: il regista, autore sui generis e fuori tempo massimo per appartenere alla New Hollywood, ma con la quale ha in comune la volontà di sfruttare i mezzi faraonici degli studios senza però farsi omologare da essi, è stato effettivamente per molti anni sottovalutato da pubblico e critica. Alessandro Borri, attraverso una continua e (forse troppo) lunga lista di paragoni, confronti e rimandi, riesce finalmente non solo a conferire al cinema di Mann il posto che merita all'interno del panorama attuale, ma riconosce in lui quella morale della visione caratteristica solo dei grandi cineasti. Attraverso l'analisi approfondita, talvolta un po' troppo forzata, dei film e dei lavori televisivi del regista, l'autore pone finalmente la prima pietra (italiana) per la costruzione della letteratura sul cineasta di Chicago: con intelligenza critica e conoscenza cinematografica enciclopedica riesce a sintetizzare il cinema manniano nella sua essenza di rielaborazione personale dei classici hollywoodiani: "Se Strade violente dura due ore invece degli 80 minuti medi di quei classici della violenza (gangster anni '30, ndr) è perché in mezzo c'è stato il filtro della contemplazione, dell'indugio, del tempo morto, insegnato agli americani da Antonioni per primo". Il volume, nonostante sia un ottimo inizio, può risultare ora leggermente datato, soprattutto alla luce delle nuove opere di Mann, capaci di aggiungere tasselli ad un corpus, unico ed organico ma talmente complesso da rendere necessario un aggiornamento critico pellicola dopo pellicola. Copertina e apparato iconografico interno da dimenticare. Michelangelo Pasini |