LUDICI DISINCANTI- FORME E STRATEGIE DEL CINEMA POSTMODERNO
![]() Autori: Alberto Negri | Indice: Parte prima: metamorfosi della visione Il ritorno della narrazione Schermo delle mie brame Narciso e Peter Pan Parte seconda: sguardi postmoderni Sguardi ravvicinati Sguardi incorniciati Sguardi liminali Sguardi virtuali Parte terza: prospettive post-reali Verso quali visioni? Il gioco delle perle di vetro Bibliografia | Apparso poco dopo la metà degli anni '90, Ludici disincanti è stato uno dei primi testi italiani a mettere a nudo le tendenze dominanti del cinema contemporaneo: la progressiva smaterializzazione del referente, la dispersiva e tentacolare multimedialità, il grande ritorno della (meta)narrazione, il gusto per la citazione e per l'eccesso visivo. Concetti certo non più nuovi, dato che hanno avuto modo di svilupparsi in una lunga serie di saggi successivi, di cui L'alieno e il pipistrello di Gianni Canova (2000) è certo l'esempio insieme più compiuto e famoso. Nonostante questo, il saggio si apprezza ancor'oggi per l'intelligibilità delle sue 149 pagine, l'esposizione piana e l'argomentazione convincente, che sa evitare i cerebralismi semiotici così frequenti in questo campo. Sebbene diverse sue riflessioni siano state riprese e aggiornate, Ludici disincanti si offre ancora come un valido strumento per lo studio del cinema postmoderno. Punto di partenza teorico la concezione di Neobarocco di Calabrese e le note riflessioni di Lyotard sull' a-cinema; da lì Negri teorizza -similmente a quanto fatto da Perniola- l'eccitazione dell'immagine postmoderna, che nella sua fruizione lascia prevalere il sentire al pensare, in accordo con Nietzsche (“la cosa che più importa all'uomo moderno non è più il piacere o il dispiacere ma l'essere eccitato”). Diversi gli esempi presi in esame, dalla cybersoggettiva di Terminator sino alla soggettiva della freccia di Robin Hood principe dei ladri, tutti celebri emblemi delle interferenze tra oggettivo e soggettivo che caratterizzano il cinema del nostro tempo. Da segnalare, infine, il capitolo su Narciso, decisamente il più stimolante e il meno percorso dalla bibliografia successiva; il mito greco viene qui ripreso per definire lo stato contemporaneo del “guardarsi guardare” già celebrato da Valéry (Je me voyais me voir), e la sua illusione di amare il proprio riflesso pensandolo Altro. Dario Stefanoni |