PLAYTIME
Autori: Giorgio Cremonini | Indice: | Il cinema comico, passo dopo passo, uno sdoganamento dopo l'altro, è uscito negli ultimi tre decenni dal guscio in cui una pratica critica intellettualistica e aristocratica l'aveva rinchiuso. Oggi, dunque, un discorso rigoroso sul cinema comico non teme affatto di sporcarsi le mani con le torte in faccia e i travestimenti più beceri. Da questa legittimità parte un uomo di scienza prestato al cinema come Giorgio Cremonini, docente di biologia all'Università di Bologna, nella sua esplorazione del genere che non manca di coinvolgere ed affascinare. La divisione interna al testo è netta: se nella prima parte si introduce il comico nei suoi elementi teorici, nella seconda si esplorano autori e momenti della storia del comico e nella terza, dopo un leggero cambiamento di angolazione, si replica con la commedia. La quarta parte, un'insipida invettiva moralista sull'intrinseca ridicolezza del mondo, non può che considerarsi un'occasione mancata. Senza dubbio è al momento teorico che bisogna riservare maggiore attenzione, tant'è denso di riflessioni organiche che hanno il merito di ricollocare gli assi portanti della teoria del comico. Con metodo scientifico, Cremonini seziona gli elementi del genere (l'incongruità, lo spaesamento, la deformazione, il doppio, la maschera, ecc.) e li passa sotto analisi, cogliendone il valore strutturale in una trasversalità di riferimenti che va da Bachtin a Lyotard, da Cavell a Berger (il cui Homo ridens mostra più di un'influenza). La lettura di questa parte, nonostante lo stile dinamico e la moltitudine di riferimenti filmici, potrebbe procedere con difficoltà, ma il valore del testo merita tutti gli sforzi. Il capitolo sul comico non manca dell'acutezza critica e del rigore che dominano su tutto il testo. Altrettanto bene la deviazione sulla commedia, seppure soffra (ma in misura non molto rilevante) di una scelta molto arbitraria degli autori e di un'impostazione teorica più superficiale. La vera macchia, quasi un crimine, che compromette il livello complessivo dell'opera è la totale assenza di un apparato bibliografico, tanto più grave quanto spesso le note risultano lacunose e frammentari. Ma nel complesso, perdonato un certo snobismo (peraltro condivisibile) che di tanto in tanto traspare, Playtime è una lettura importante, di ampio respiro, tutta concentrata nella sfida di spingere in avanti il discorso attorno al comico. Sfida, bisogna riconoscerlo, vinta. Giuseppe Fidotta |