SHOHEI IMAMURA
Autore: James Quandt (a cura di)
Formato: 15 x 21
| Indice: | Uscito in occasione di una retrospettiva dedicata a Shohei Imamura (1926-2006), il libro in questione ne ripercorre la carriera dagli esordi “alla corte” di Ozu fino alla Palma d'Oro ottenuta nel 1983 con La ballata di Narayama. Tuttavia, la schizofrenia di un volume scisso tra monografia (“un solo autore scrive di un dato argomento”) e antologia critica “polifonica” perturba la linearità del criterio d'ordine cronologico scelto dal curatore James Quandt: poiché la maggioranza degli interventi consiste in un bilancio complessivo dell'opera di Imamura, il lettore si troverà infatti prigioniero di una struttura ricorsiva la cui ripetitività (spesso anche tematico-contenutistica) finisce inevitabilmente per appesantire la fruizione del libro. D'altro canto, l'estenuante “eterno ritorno” del discorso sul ventennio post-bellico ben si adatta all'uso ossessivo del flashback alla base di pellicole come Cronache entomologiche del Giappone (1963), facendo del saggio un coerente “messy book about messy films”. In quest'ottica, i punti di interesse si rivelano numerosi. Tra di essi, ho trovato particolarmente stimolante e degna di ulteriore approfondimento la volontà del regista nipponico di affrancare il proprio cinema dal “magistero intellettuale” di Ozu, che il filmmaker classe 1926 considera una “costruzione” occidentale (Cfr. Transcendental style in Film di Paul Schrader) da non confondersi con il cinema (e “l'anima”) giapponese tout court. Michael Guarneri |