SHOHEI IMAMURA

SHOHEI IMAMURA


Autore: James Quandt (a cura di)


Casa editrice:
Toronto International Film Festival Group, Toronto, 1997


Collana:
-


Pagine:
192


Formato: 15 x 21


Prezzo:
-


Lingua:
Inglese

Indice:

Pigs, Pimps and Pornographers: A brief Introduction to the Films of Shohei Imamura, di J. Quandt

Notes for a Study on Shohei Imamura, di D. Richie

Shohei Imamura: Modern Japan Entomologist, di M. Tessier

Shohei Imamura Interview, di M. Tessier, A. Bock e I. Buruma

The Last Rising Sun, di D. Kehr

Images of Irrationality in Modern Japan: The Films of Shohei Imamura, di A. Casebier

Shohei Imamura: Human, all too human, di G. Laprévotte

Shohei Imamura Interview, di T. Nakata

My approach to filmmaking, di S. Imamura

Traditions and influences, di S. Imamura

The Sun Legend of a country boy, di S. Imamura

My teacher, di S. Imamura

Shohei Imamura: No confucianist, di A. Bock

The Profound Desire of Gods: murder of the pink pig, di A. de Baecque

The Ballad of Narayama: Ascent to the Beyond, di Y. Lardeau

The Ballad of Narayama: Pigs and Gods, di C. Tesson

Erasing and refocusing: Two Films of the Occupation, di L. Ehrlich

Unagi: Of Eels and Men, di M. Tessier

Shohei Imamura Filmography


Uscito in occasione di una retrospettiva dedicata a Shohei Imamura (1926-2006), il libro in questione ne ripercorre la carriera dagli esordi “alla corte” di Ozu fino alla Palma d'Oro ottenuta nel 1983 con La ballata di Narayama.
Tuttavia, la schizofrenia di un volume scisso tra monografia (“un solo autore scrive di un dato argomento”) e antologia critica “polifonica” perturba la linearità del criterio d'ordine cronologico scelto dal curatore James Quandt: poiché la maggioranza degli interventi consiste in un bilancio complessivo dell'opera di Imamura, il lettore si troverà infatti prigioniero di una struttura ricorsiva la cui ripetitività (spesso anche tematico-contenutistica) finisce inevitabilmente per appesantire la fruizione del libro.
D'altro canto, l'estenuante “eterno ritorno” del discorso sul ventennio post-bellico ben si adatta all'uso ossessivo del flashback alla base di pellicole come Cronache entomologiche del Giappone (1963), facendo del saggio un coerente “messy book about messy films”.
In quest'ottica, i punti di interesse si rivelano numerosi. Tra di essi, ho trovato particolarmente stimolante e degna di ulteriore approfondimento la volontà del regista nipponico di affrancare il proprio cinema dal “magistero intellettuale” di Ozu, che il filmmaker classe 1926 considera una “costruzione” occidentale (Cfr. Transcendental style in Film di Paul Schrader) da non confondersi con il cinema (e “l'anima”) giapponese tout court.

Michael Guarneri